venerdì 9 settembre 2011

PRO - SUD

Discussione trasferita al nuovo blog "La Storia Bandita"

Clicca qui per visualizzare il post

martedì 6 settembre 2011

Il GRANDE SUD....

Discussione trasferita al nuovo blog "La Storia Bandita"

Clicca qui per visualizzare il post

venerdì 2 settembre 2011

Low Energy Nuclear Revolution, una possibile spiegazione al dispositivo di Energy-Catalyzer dell' Ing Andrea Rossi

Il dispositivo di Rossi, l'Energy Catalyzer sembra funzionare, sono molti i video e le notizie sulla rete in cui si afferma che in tutte le prove effettuate ci sia stata produzione di energia, lo affermano anche alcuni ricercatori della NASA. Ancora nessuno ha dimostrato che si tratti di una bufala. Anche l'università di Bologna sta lavorando ai test scientifici sull'apparato.
Sembra sia stata anche individuata la strada da percorrere per spiegare scientificamente il fenomeno. Attualmente nessuno sa di preciso cosa ci sia dentro l'E-Cat di Rossi, si sa solo che egli utilizza idrogeno e nichel.
A mio parere, e non solo mio, è molto probabile che siamo in presenza di reazioni nucleari, ma non di tipo forte, bensì di tipo debole. Per intenderci sono le stesse che determinano molti tipi di decadimento.
Il più semplice decadimento conosciuto è quello che trasforma il neutrone in protone (n-->p + e + n). Se effettuiamo un banale bilancio energetico (differenza di massa) vediamo che dalla massa del neutrone (939,57 Mev) "vien fuori" la massa del protone (938,27 Mev), la massa dell'elettrone (0,51 Mev), la massa del neutrino (nulla o quasi) e un po' di energia che si manifesta come moto dell'elettrone e del neutrino. Verrebbe fuori una energia prodotta pari a 0,79 Mev.
E' noto sperimentalmente che l'energia massima dell'elettrone prodotto è pari a 0,782 Mev, dunque anche con una eventuale massa residua del neutrino il bilancio energetico è promettente.
Se si paragonano tali energie a quella di un fotone nello spettro luminoso (dell'ordine delle decine di eV) si comprende che l'energia elettrodebole potrebbe essere una buona fonte di energia a patto che si abbia un numero di transizioni molto elevato.
In alcuni nuclei accade anche il processo inverso, cioè sotto alcune condizioni i protoni sono portati a trasformarsi in neutroni, a "catalizzare" questo fenomeno sarebbe il vantaggio energetico che l'intero nucleo e non il singolo nucleone ne trae dalla transizione elettrodebole. E' logico pensare che che si creano artificialmente le condizioni adatte è possibile rendere attivo un isotopo che normalmente non lo sarebbe, è plausibile che avvengano transizioni multiple attraverso stati metastabili con un guadagno totale di energia positivo.
Ci sono molti lavori scientifiche sulle "Low Energy Nuclear Reactions".

Una teoria promettente è quella formulata da Widom e Larsen :
The Widom-Larsen Ultra-Low-Momentum Neutron Catalyzed Theory of LENRs

Link utili:
Low Energy Nuclear Reactions for Green Energy
Widom-Larsen Theory Portal









lunedì 29 agosto 2011

Low Energy Nuclear Revolution

Propongo dei video sull'E-Cat dell’ingegnere Rossi.
E' molto probabile che non si tratti di fusione fredda, la speranza è che si tratti di reazioni nucleari di tipo esoenergetico.
Sembra essere una tecnologia promettente e di facile realizzazione. Attualmente non è noto ciò che avviene nel dispositivo.
Se il dispositivo dovesse davvero funzionare, in breve si potrebbe passare dall'attuale tecnologia a combustione chimica (petrolio) ad una tecnologia a combustione nucleare (nichel e ferro).


News su E-Cat
Low Energy Nuclear Revolution 1
Low Energy Nuclear Revolution 2
Low Energy Nuclear Revolution 3

Presentazione di Rossi
2011-Andrea Rossi Crunches the Numbers for His Energy Catalyzer

lunedì 20 giugno 2011

Il templating con il Facelets nelle JavaServer Faces

La realizzazione di una pagina di template che dia forma alla varie pagine di una applicazione web è naturalmente indispensabile per diversi motivi che non stiamo qui ad esplicitare.
Con il Facelets la realizzazione di un template ed il suo utilizzo è reso davvero semplice nelle JavaServer Faces, grazie ad alcuni semplici tags come
<ui:insert name="header"/> , <ui:composition template="./template.xhtml"> e <ui:define name="header">

Facciamo un semplice esempio in cui consideriamo un template di pagina composto da un "header" standard e da un "content" variabile.
Dunque costruiamo una pagina chiamata header.xhtml di contenuto più o meno complesso che includeremo nella pagina template.xhtml. La pagina template.xhtml ha il seguente codice:


<!DOCTYPE html PUBLIC "-//W3C//DTD XHTML 1.0 Transitional//EN"
      "http://www.w3.org/TR/xhtml1/DTD/xhtml1-transitional.dtd">
<html xmlns="http://www.w3.org/1999/xhtml"
      xmlns:ui="http://java.sun.com/jsf/facelets"
      xmlns:h="http://java.sun.com/jsf/html">
    
    <h:head>
        <meta http-equiv="Content-Type"
              content="text/html; charset=UTF-8" />
        <link href="./resources/css/default.css"
              rel="stylesheet" type="text/css" />
        <link href="./resources/css/cssLayout.css"
              rel="stylesheet" type="text/css" />

        <title>Facelets Template</title>
    </h:head>
    
    <h:body>
        <div id="top" class="top">
            <ui:insert name="header">
<ui:include src="/layout/header.xhtml" />
</ui:insert>
        </div>    
        <div id="content" class="content">
             <ui:insert name="content">Main Content</ui:insert>
        </div>
    </h:body>
</html>



La porzione di codice

<ui:insert name="header">
<ui:include src="/layout/header.xhtml" />
</ui:insert>

definisce qual'è il tipo di contenuto in una specifica sezione della pagina, quella dell'header. In questo caso il file d'intestazine header.xhtml è incluso, in realtà avremmo potuto inserire tutto il suo codice direttamente in questo file, dipende naturalmente dalla complessità del codice.

L'altra sezione indicata con name="content" è quella che definisce il contenuto principale di ogni pagina.
Ogni pagina di tipo "content", cioè che contiene il codice che definisce il contenuto principale è costruita nel seguente modo:



<!DOCTYPE html PUBLIC "-//W3C//DTD XHTML 1.0 Transitional//EN"
  "http://www.w3.org/TR/xhtml1/DTD/xhtml1-transitional.dtd">
<html xmlns="http://www.w3.org/1999/xhtml"
      xmlns:ui="http://java.sun.com/jsf/facelets"
      xmlns:h="http://java.sun.com/jsf/html">
    
    <h:body>
        <ui:composition template="/layout/template.xhtml">
            <ui:define name="content">
....
                <h:outputText value="You are in the Main Content Section"/>
....
            </ui:define>
        </ui:composition>
    </h:body>
</html>



Notiamo il tag "composition" con cui viene definito il template a cui si riferisce la pagina.

Il tag define con name = "content" stabilisce che la porzione di pagina inclusa nel tag va inserita nel template in corrispondenza del tag insert con neme = "content".
E' il percorso di questa pagina, che chiamiamo esempio.xhtml, che deve essere richiamato al fine di visualizzarne il contenuto nella sezione "content" ed il suo header nella sezione "header" definiti nel template.

In qualsiasi pagina che si riferisce ad uno specifico template mediante il tag:
<ui:composition template="layout/template.xhtml">
è possibile inserire porzioni di codice e definirli mediante il tag:
<ui:define name="content">
....
</ui:define>


Nel file template.xhtml ogni sezione è definita mediante il tag:
<ui:insert name="content">Main Content</ui:insert>
che per essere "riempita" deve avere lo stesso "name" del tag define nalla pagina dei contenuti.

giovedì 16 giugno 2011

JavaServer Faces Faclets: due differenti modalità per la composizione dei componenti

La facilità con cui effettuare il templating, non solo delle pagine ma anche dei componenti (tag composition), è uno dei vantaggi di cui la tecnologia JavaServer Faces ha usufruito grazie alla introduzione del Facelets.
Soffermiamoci sulla possibilità di creare delle composizioni di componenti espressi mediante tags riusabili in qualsiasi pagina come tag custom:


<mytaglib:mytag label="nome" value="#{miobean.nome}"></mytaglib:mytag>



Ci sono almeno due modi per creare composizioni di tag riutilizzabili nelle view JSF:
Mediante una taglibrary custom, e mediante la taglibrary http://java.sun.com/jsf/composite.
Vedremo che il secondo metodo risulta più immediato e non presenta problemi di autocompletamento che potrebbero verificarsi nell'editare gli attributi delle tag custom nell'editor dell'ide.

1)
Creiamo un tag custom che registreremo nella talibrary custom mediante il seguente codice di esempio:


<!DOCTYPE html PUBLIC "-//W3C//DTD XHTML 1.0 Transitional//EN" "http://www.w3.org/TR/xhtml1/DTD/xhtml1-transitional.dtd">
<html xmlns=”http://www.w3.org/1999/xhtml” xmlns:ui="http://java.sun.com/jsf/facelets" xmlns:h="http://java.sun.com/jsf/html">
<ui:component>
<h:outputLabel value="#{label}: ">
<h:inputText value="#{value}"/>
</h:outputLabel>
</ui:component>
</html>


Abbiamo semplicemente composto una label con una inputText, ma eventualmente potremmo anche costruire una porzione di pagina vera e propria. Salviamo questo codice come file con estensione xhtml (miotag.xhtml).

La tag custom deve essere mappata in una taglibrary :


<!DOCTYPE facelet-taglib PUBLIC "-//Sun Microsystems, Inc.//DTD Facelet Taglib 1.0//EN" "http://java.sun.com/dtd/facelet-taglib_1_0.dtd">
<facelet-taglib>
<namespace>http://www.facletsexample.it/tagcustom<;/namespace>
<tag>
<tag-name>mytag</tag-name>
<source>miotag.xhtml</source>
</tag>
</facelet-taglib>


Quindi occorre specificare la libreria che si sta utilizzando nel file web.xml


<context-param>
<param-name>facelets.LIBRARIES</param-name>
<param-value>/WEB-INF/facelets/mialibreria.taglib.xml</param-value>
</context-param>


Quindi è possibile usare il tag all’interno della pagina specificando il namespace della libreria


<!DOCTYPE html PUBLIC "-//W3C//DTD XHTML 1.0 Transitional//EN" "http://www.w3.org/TR/xhtml1/DTD/xhtml1-transitional.dtd">

<html xmlns=”http://www.w3.org/1999/xhtml” xmlns:ui="http://java.sun.com/jsf/facelets" xmlns:f=”http://java.sun.com/jsf/core” xmlns:h="http://java.sun.com/jsf/html" xmlns:mytaglib=" http://www.facletsexample.it/tagcustom ">
<body>
<f:view>
<h:form>
<h:panelGrid columns="1">
<mytaglib:mytag label="nome" value="#{miobean.nome}"/>
</h:panelGrid>
</h:form>
</f:view>
</body>
</html>



2)
Vediamo ora invece come creare componenti riusabili mediante la taglibrary http://java.sun.com/jsf/composite

Creiamo la nostra composizione di tags che riutilizzeremo come tag custom inserendo il seguente codice nel file miotag.xtml



<!DOCTYPE html PUBLIC "-//W3C//DTD XHTML 1.0 Transitional//EN"
  "http://www.w3.org/TR/xhtml1/DTD/xhtml1-transitional.dtd">

<html xmlns="http://www.w3.org/1999/xhtml"

  xmlns:composite="http://java.sun.com/jsf/composite"
  xmlns:h="http://java.sun.com/jsf/html">
    <h:head>
        <title>This content will not be displayed</title>
    </h:head>
    <h:body>
        <composite:interface>
            <composite:attribute name="value" required="false"/>
            <composite:attribute name="label" required="false"/>
        </composite:interface>
        <composite:implementation>
            <h:outputLabel value="#{cc.attrs.label}"></h:outputLabel>
            <h:inputText value="#{cc.attrs.value}"></h:inputText>
        </composite:implementation>
    </h:body>
</html>



Si noti come la parola "cc" è riservata per i componenti composti
L'espressione #{cc.attrs.attribute-name} è utilizzata per identificare l'attributo definito per il componente nella sua interface. Nel nostro caso gli attributi definiti sono "label" e "value".
Per rendere il tag una risorsa disponibili non è necessario registrarlo in una taglibrary, ma è fondamentale inerire il file miotag.xhtml nella directory "resources/mycomp", sotto la root dell'application web. La sottodirectory "resources" infatti è considerata dal framework una vera e propria libreria.

Non ci resta che utilizzare il tag in una pagina del tipo:



<!DOCTYPE html PUBLIC "-//W3C//DTD XHTML 1.0 Transitional//EN" "http://www.w3.org/TR/xhtml1/DTD/xhtml1-transitional.dtd">

<html xmlns=”http://www.w3.org/1999/xhtml” xmlns:ui="http://java.sun.com/jsf/facelets" xmlns:f=”http://java.sun.com/jsf/core” xmlns:h="http://java.sun.com/jsf/html" xmlns:mytaglib="http://java.sun.com/jsf/composite/mycomp/ ">
<body>
<f:view>
<h:form>
<h:panelGrid columns="1">
<mytaglib:miotag label="nome" value="#{miobean.nome}"/>
</h:panelGrid>
</h:form>
</f:view>
</body>
</html>



Nell'utilizzare il tag custom:


<mytaglib:miotag label="nome" value="#{miobean.nome}"></mytaglib:mytag>


Il nome del prefisso "mytaglib" è il nome della sottodirectory in cui è contenuto il file di definizione del tag, mentre il nome del tag "miotag" è il nome del file di definizione senza l'estensione .xhtml

giovedì 21 aprile 2011

Reazioni piezonucleari: verso un nuovo nucleare?

I video che trovate di seguito sono una documentazione dei passi avanti fatti nella ricerca di un nucleare pulito. Traspare la possibilità di ottenere energia nucleare dall'elemento più stabile che esista in natura, il ferro.

Le reazioni nucleari che darebbero luogo alla trasformazione del ferro in altri elementi sono indicate al seguente link:
e sono: Fe --> 2All + 2n e Fe--> Si + Mg + 4n .
Gli elementi prodotti sono isotopi stabili e quindi ho omesso l'indicazione del numero di massa.
Considerando il bilancio di massa di queste due reazioni è evidente che si tratta di reazioni endoenergetiche e che quindi non liberano energia nucleare.
Nei video, invece si parla di liberazione di energia a causa di una deformazione della geometria spaziale nei pressi dei nuclei di ferro generata dagli ultrasuoni.
Non dubito che la reazione avvenga, così come la deformazione spazio-temporale, ma siamo sicuri che il bilancio energetico sia positivo?
Se dopo un evento fisico si ha un guadagno di energia si deve necessariamente avere una perdita di massa (Einstein insegna).
Da dove quindi si estrae questa eventuale energia aggiuntiva? Esiste un'altra forma fisica (oltre la massa) in cui l'energia viene immagazzinata?
Il fatto che non ci siano emissioni alfa, gamma e beta, non è di per sé positivo; come la immagazziniamo o trasformiamo questa energia? I neutroni termici prodotti inoltre sembrerebbero non produrre sufficiente calore.
Il dispositivo quindi sembra essere una valida alternativa alla produzione di neutroni "termici" (bassa energia), più che ad un reattore nucleare.
L'uso degli ultrasuoni su elementi radioattivi, invece, che ne determina l'aumentano di radioattività, sarebbe una utile applicazione per "raffreddare" le scorie radioattive più rapidamente.
E' probabile che applicando gli ultrasuoni su elementi più massivi del ferro si producano delle fissioni esoenergetiche, è necessario valutare se le scorie risulterebbero radioattive o meno.
Per ottenere invece fusioni nucleari bisognerebbe partire da elementi meno massivi del ferro.
E' questo che avviene nelle stelle dove le deformazioni spazio-temporali sono di casa.

Un'altra applicazione interessante degli ultrasuoni, inoltre sarebbe l'analisi di un eventuale spettro di risonanza in base al quale avviene il rilascio di neutroni. Sarebbe un ulteriore strumento di indagine sulle energia di legame nei nuclei.